venerdì 30 aprile 2010

Tramonto

Tramonto

È come un angelo bianco
Osserva l’orizzonte affamato dell’ennesimo tramonto
Sotto di lei mentre la marea svanisce sugli scogli
regala al mondo la sua essenza

La brezza marina scioglie i nodi dei suoi bei capelli
lasciandoli liberi e vivi
Scivolano senza attrito sulle sue spalle
esaltandone la bellezza

In silenzio resto in ascolto della sua ombra
Il Sole è ormai un ricordo, lei rimane ancora lì
ricoperta solamente del suo dolce profumo
mentre con le mani nasconde la sua femminilità

Si volta e osserva il mio cuore che la chiama a gran voce
Delicata come la notte che scende
lentamente, le braccia scivolano lungo i fianchi
Rossa in viso, volge lo sguardo a terra

Il buio circonda ormai i nostri corpi
Mi basta un sospiro per farla mia
Le nostre anime vibrano all’unisono immergendosi nel gigante blu
Mentre fuori il mattino ritorna a splendere

domenica 25 aprile 2010

65° Anniversario della Liberazione



In occasione di questa festa, pubblico uno stralcio del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce pubblicato su "Il Mondo" il 1° maggio 1925, in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti presentato da Giovanni Gentile durante un convegno organizzato a Bologna il 21 aprile 1925. Da come si può intuire, il manifesto di Croce è una critica al fascismo che si stava facendo larga a quel tempo, ma è anche un tentativo per fermare quella che sarebbe diventata una delle parti più oscure della nostra storia. Aprire gli occhi della gente, quello che ci vorrebbe anche adesso.



Gl'intellettuali fascisti, riuniti in congresso a Bologna, hanno indirizzato un manifesto agl'intellettuali di tutte le nazioni per spiegare e difendere innanzi ad essi la politica del partito fascista. [...]. Nella sostanza, quella scrittura è un imparaticcio scolaresco, nel quale in ogni punto si notano confusioni dottrinali e mal filati raziocini; come dove si prende in iscambio l'atomismo di certe costruzioni della scienza politica del secolo decimottavo col liberalismo democratico del secolo decimonono, cioè l'antistorico e astratto e matematico democraticismo, con la concezione sommamente storica della libera gara e dell'avvicendarsi dei partiti al potere, onde, mercé l'opposizione, si attua quasi graduandolo, il progresso; o come dove, con facile riscaldamento retorico, si celebra la doverosa sottomissione degl'individui al tutto, quasi che sia in questione ciò, e non invece la capacità delle forme autoritarie a garantire il più efficace elevamento morale[...]. E lasciamo da parte le ormai note e arbitrarie interpretazioni e manipolazioni storiche. Ma il maltrattamento delle dottrine e della storia è cosa di poco conto, in quella scrittura, a paragone dell'abuso che si fa della parola "religione"; perché, a senso dei signori intellettuali fascisti, noi ora in Italia saremmo allietati da una guerra di religione [...]. Chiamare contrasto di religione l'odio e il rancore che si accendono contro un partito che nega ai componenti degli altri partiti il carattere di italiani e li ingiuria stranieri, e in quell'atto stesso si pone esso agli occhi di quelli come straniero e oppressore, e introduce così nella vita della Patria i sentimenti e gli abiti che sono propri di altri conflitti; nobilitare col nome di religione il sospetto e l'animosità sparsi dappertutto, che hanno tolto persino ai giovani delle università l'antica e fidente fratellanza nei comuni e giovanili ideali, e li tengono gli uni contro gli altri in sembianti ostili; è cosa che suona, a dir vero, come un'assai lugubre facezia. In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole del verboso manifesto [...] mostra allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli all'autorità e di demagogismo, di proclamata riverenza alle leggi e di violazione delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di atteggiamenti assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza e di corteggiamenti alla Chiesa cattolica [...]. Per questa caotica e inafferrabile "religione" noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento. [...]

giovedì 15 aprile 2010

Non è morto, ma io vi aspetto!

Ma chi voglio prendere in giro? Vi ho mentito, l'unicorno non è morto e quella candela è sempre stata spenta. Aly l'ha capito subito, solo che non poteva saperlo, e neanche io. La soluzione sfugge perché io stesso la porto a sfumare; forse lo sapevo inconsciamente, e non volevo darlo a vedere. Ma Aly l'ha intuito, davvero brava. L'unicorno è sempre stato a terra, deriso non solo da quell'aquila e da quello scorpione, ma da tutti. Può una creatura così mitica essere deriso per il resto della sua vita? Da dove arriva questa crudeltà? Ormai è a terra, e in pezzi. Il fisico neanche lo regge, ha le ali atrofizzate e la coda mozzata, il suo manto bianco è solo un bel ricordo di favole lontane. Cosa importa se muore nel silenzio? Ormai la sua esistenza è stata sempre segnata da quel disagio profondo, che gli ha sempre impedito il volo. Cosa può cambiare? Niente. E allora perché non si lascia andare? Perché non affonda? Sembra quasi un gioco crudele.

Questo blog sarà diventato monotono, ma di una cosa sono certo: non sono cambiato. Sono sempre quel bastardo, pessimista, permaloso, ignorante, fottutamente speranzoso che ogni tanto tira fuori qualcosa di buono. Non è tutto qui gente. Le mie lacrime non sono virtuali, le poesie sono nella mia testa prima di essere in uno stupido blog. E' così, che vi piaccia o no. Se non vi va bene, non fatevi vedere qui in giro, ma venite a casa mia e ditemelo negli occhi, così potremo finalmente andare a ubriacarci. Vi aspetto gente.