martedì 29 marzo 2011

Due anni e non sentirli

E pensare che più di due anni fa neanche pensavo a una cosa del genere. Una relazione seria, con un rimbambito come me? No no, evidentemente sto sognando, però si può sognare per due anni? Si può continuare a sognare oltre i due anni. La verità è tanto banale, forse troppo. Non sto sognando. Questi sono stati i due anni più belli della mia vita, punto. Questa è la realtà, e chi vive sono io; sono io che mi sono rimesso in moto quel 29 marzo 2009. Stare con lei è la cosa più bella, e sono davvero fortunato a trovarmi tra le braccia una persona come lei. Un rapporto fantastico, senza segreti e sempre con il pieno di passione, e questo proprio non me l'aspettavo.

E' adorabile. E' così semplice da amare. E le parole si sprecano, anche se per me vanno oltre tutto.

Per la mia Marta:

Ogni giorno insieme a te è una festa, in cui tu sei la mia compagna di giochi, la mia compagna di vita. Ti amo, e smetterò di amarti solo quando il mio cuore smetterà di battere.

sabato 19 marzo 2011

Buon compleanno Italia!

Spero che il mio Bel Paese possa scusarmi se arrivo agli auguri online con un paio di giorni di ritardo. Meglio tardi che mai. E pensare che alle bandierine in centro neanche ci facevo caso tre mesi fa. Credo che il mio patriottismo si sia risvegliato in quest'ultima settimana (era andato a nanna qualche tempo fa), sicuramente anche per colpa dei tricolori appesi ai balconi. Sicuramente per molti può sembrare insignificante, ma sentire intorno a me tutta questa unità, questo senso di festa collettiva, mi ha fatto sobbalzare. Quante critiche riguardo a tutto ciò, quante parole inutili, quante isterie fomentate dalla classe politica, ma io voglio festeggiare, ricordarmi chi sono. 150 anni fa s'istituiva l'Unità d'Italia (personalmente preferisco definirla l'Italia Unita), e per l'occasione il 17 marzo è stata proclamata la festa nazionale. Io sono stato a Torino a celebrarla, sotto la pioggia, bagnato fradicio, stanco, ma con i brividi sulle pelle per il verde-bianco-rosso; poco importa se per colpa d'altri non ho cantato l'inno all'unisono con piazza Vittorio Veneto, me lo sono cantato in solitudine, fiero di me.

Ci scanniamo, ci prendiamo a sberle, ci insultiamo, ma quando l'inno è alto nel cielo, le bandiere vibrano e i fuochi d'artificio cantano i colori italiani, siamo (purtroppo quasi) tutti uniti. Noi siamo l'Italia, siamo noi la nostra forza, e dobbiamo sempre restare vigili sulla nostra libertà, perché mai come oggi è in pericolo. Sono italiano e sono contento di esserlo.

Buon compleanno Italia.

giovedì 3 marzo 2011

Promemoria

Se ne stanno lì fuori. Non so perché. Non vogliono entrare in casa mia. Per tutto il giorno fluiscono nella mia testa, e al mio ritorno non mi accompagnano più.

Che buffo, ho le mani talmente pulite che mi scivola la penna di mano, meglio cambiarla. Ecco, ora va molto meglio.

Che mani vissute, rugose e con i calli, manco avessi settant'anni. Ma che ci posso fare? Queste sono le mie mani e me le tengo.

Sospiro, non sto capendo niente sinceramente, e questa penna traballa troppo. Vorrei fermare il tempo, ho bisogno di meditare, non pensare. Sto già pensando troppo in questi giorni, non arrivo a nessuna conclusione.

Promemoria: pensare troppo fa male.

Questo è un periodo critico per me, forse non il peggiore, ma poco ci manca. Nessuna fiducia, nessuna voglia di continuare, è un percorso troppo accidentato e frenetico per me; sicuramente non posso farcela, meglio mettere marcia indietro e andare contromano. E poi c'è quel mostro rosso di cui sono schiavo, di cui tutti siamo schiavi. Lui e i suoi merdosi limiti. Se ne sta lì, imperterrito, sulla corriera 2016 e non mi molla un attimo. Corre troppo veloce, vorrei fermarlo, ho bisogno di meditare, non pensare.

Promemoria: pensare troppo fa male.

Al diavolo la malinconia. Che poi non è malinconia, ma tristezza. Al diavolo la tristezza. Evidentemente se sono così è perché me lo sono meritato, e se ho tutto contro è inutile combattere: tanto vale coricarsi, farsi una birra e aspettare che il merci delle 7.30 mi venga addosso. Di risalire non se ne parla: una forza mi spinge verso l'alto, ma soccombe al mio peso morto. Non ci ho mai capito nulla, e mai capirò.

Vorrei prendere quel regalo e scartarlo; non è per me, ma è come se lo fosse. Vorrei aprire quella bella scatoletta e scolarmi la bottiglia, sentire il fuoco dentro me. Ma quel regalo non c'è, e anche se ci fosse avrei una paura fottuta di stare ancora peggio. Perché si può sempre stare peggio, la cosa importante è ammetterlo, e comunque non è una gran notizia: il presente è qui, è questa luce bianca che illumina queste triste parole, e fa male.

Vorrei chiedere aiuto, ma a chi? A me stesso? Sarebbe perfetto, ma neanche io mi voglio aiutare, semplicemente perché non posso: che aiuto può dare un'anima in pena? Meglio continuare a stare fermo in questo freddo glaciale, sperando di non morire assiderato.

Promemoria: pensare troppo fa male.

Meglio pensarci su.